Con grande dispiacere,noto che nessuno ha commentato questo topic. Mi dispiace perchè probabilmente questo significa che nessuno ha ascoltato queste bellissime interpretazioni in chiave jazz delle canzoni di Michael.
Enrico Rava: "Il mio Michael Jackson
Un gigante in bianco e nero. Come il jazz"
Il grande musicista omaggia il re del pop in Rava On The Dance Floor. "Associo la sua vicenda a quella del caro Pantani: distrutti ma mai condannati". "In controllo di ogni piccolo dettaglio. La sua musica affonda le radici laddove le affonda il jazz, che è una musica multietnica". "In tv come Bollani? Mi piacerebbe, ma forse è tardi". Spazio a Dalla in uno dei prossimi progetti
IL CALCIATORE BOATENG accenna passi di moonwalk in uno spot pubblicitario, Spike Lee porta a Venezia un documentario sui 25 anni di Bad. Ma gli ingranaggi del meccanismo che ha stritolato Michael Jackson continuano a girare come spinti da un'inerzia infernale. Attraverso il Los Angeles Times filtra il contenuto di un fitto scambio di mail, circa 250, tra chi organizzava il grande show con cui la popstar preparava il suo rientro e un promoter. Aggiornamenti allarmanti: "Michael è ubriaco, depresso, incontrollabile, inaffidabile". Materiale prezioso per la compagnia assicuratrice che punta sul falso stato di salute del cantante per riavere i soldi versati a copertura di un tour mai andato in scena.
Risvolti che confermano in Enrico Rava una convinzione:
"Jackson, un Peter Pan cinquantenne distrutto a scopo di lucro". Distante anni luce da Michael, il grande trombettista, fino al giorno della sua drammatica fine. Oggi vicinissimo con Rava On The Dance Floor, album per l'etichetta Ecm, in cui Rava affronta il repertorio di Jackson assieme all'ensemble del Parco della Musica Jazz Lab di Roma, allargato per l'occasione a dodici elementi. Dieci temi musicali ammantati del lirismo della tromba di Rava, rivisitati tra jazz e blues elettrico, Stravinskij e reggae, cuban jazz e funk, elettronica e dixieland, incisi dal vivo nel corso di due concerti nella primavera-estate 2011. Attenzione a definirla operazione furba. Dalle parole di Rava si intuisce quanto profonda e onesta sia la sua fascinazione per Michael. Il suo racconto di Rava On The Dance Floor è più utile di qualsiasi recensione e impreziosisce di nuove sfumature il ritratto di uno dei più grandi musicisti italiani di sempre.
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Rava che scopre il vero Michael Jackson solo dopo la sua morte. Come è possibile? "La tv ha dedicato molto spazio alla vicenda e, tra i documenti, ha trasmesso parti del concerto di Bucarest, dal tour di Dangerous. Mia moglie ha comprato il Dvd, l'ho visto tutto. Sono rimasto basito. Non è che non conoscessi Michael Jackson, ho abitato a New York dal '67 al '77, erano gli anni dei Jackson Five e non era possibile non sapere chi fossero. C'erano i juke-box, da ogni bar usciva la voce del piccolo Michael. Ma non ho mai approfondito la cosa perché all'epoca ero piuttosto un integralista del jazz. Dopo la morte di Michael ho visto quel Dvd, poi un altro, poi è uscito il film This Is It.
Mi associo a quanto dichiarato da Morricone, uno che non regala niente a nessuno:
Jackson, il Peter Pan, in realtà è un gigante del Novecento. Ha rivoluzionato la videomusica. Prima di lui i videoclip erano insopportabili, lui ne ha fatti dei piccoli film, bellissimi e con grandi registi. Ha inventato un modo di ballare. A detta di Fred Astaire, il più grande ballerino del secolo. Oltre che compositore di musiche straordinarie. Me ne sono accorto tardi, ma meglio tardi che mai".
- [b]Immergersi nella musica di un collega è un po' come rovistare nella sua camera, nella sua intimità?"
La persona di Michael Jackson esce in modo lampante dalle sue canzoni. Ad esempio, da un certo momento in poi i suoi testi sono tutti legati all'esperienza di vita, soprattutto al sentirsi perseguitato. E lo dice apertamente, in canzoni come Privacy. Esperienze tremende. Ho provato una grande pena. Associo la vicenda di Michael a quella di Marco Pantani, che io adoravo e che da un certo momento in poi è stato usato come capro espiatorio. Michael è stato assolto nei suoi processi pur avendo tutti contro, ma non lo si ricorda mai. Anche Marco è sempre stato assolto, il "dopato". La vita di Michael è stata distrutta.
I milioni di copie dei suoi dischi più recenti erano pochissimo per il suo standard, 150 milioni solo con Thriller. Ne è uscito a pezzi. In un filmato, credo fosse il ritiro di un Grammy, lo accompagna Elizabeth Taylor e lui sembra proprio uno degli zombie del video di Thriller. Ha uno sguardo che in macrobiotica si dice "sanpacu" che vuol dire "tre bianchi". Nel senso che si vede anche il bianco inferiore dell'occhio perché l'iride va verso l'alto. E' sintomo di squilibrio psicofisico. E quando si muore, gli occhi vanno verso l'alto. Eppure in This Is It, questo uomo malato, magrissimo, è in controllo di tutto: le luci, il ballo, il basso che non si sente abbastanza, la chitarra che non suona come lui vorrebbe, gli accordi del piano che non vanno bene. Il pieno controllo di uno spettacolo pazzesco, forse il più grande show di sempre. Suonare la sua musica non è stato solo un piacere, mi ha commosso ed emozionato molto".-
Il brano che l'ha ispirata o emozionata di più."Mi ha conquistato da subito Smooth Criminal, con quel riff di basso incredibile. Straordinario, al punto da sembrare scritto da Kurt Weill, è Little Susie, un valzer incredibile che adoro suonare. Come mi piace suonare Speechless. Adoro come Michael canta Smile di Charlie Chaplin, la sua canzone preferita, ragione per cui l'ho incisa anch'io. Ci sono brani che hanno un tiro pazzesco, fantastico farli così come sono. Altri sono commoventi: mi piace Gone Too Soon, che non ho inciso. Michael la scrisse per un bambino morto di tumore [A.I.D.S], anche il video è molto bello. Canzoni straordinarie".
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Crede che risentano ancora del pregiudizio sul personaggio Michael Jackson?"
Contrariamente a quello che si può pensare, la maggior parte dei musicisti di jazz adora Michael Jackson. Mi è successo di parlarne con il pianista Aaron Goldberg e trovarmi coinvolto per tutta la notte in una conversazione in cui lui mi descriveva tutte le meraviglie dei vari pezzi. Un altro è il pianista francese con cui suono spesso, Baptiste Trotignon.
Non ho quasi mai parlato con musicisti di jazz, anche importanti, che non adorino Michael. La gente mi dice 'ti sei messo a fare Michael Jackson, che strano'. Eppure, fa parte della tradizione jazz pescare nel repertorio pop della propria epoca. Negli anni Venti Bix Beiderbecke, uno dei miei idoli, incideva Old Man River, per non parlare di Louis Armstrong che negli anni Trenta con l'orchestra le ha incise tutte le canzoni dell'epoca. Miles Davis negli anni Cinquanta, col quintetto con Coltrane, incise Bye, Bye Blackbird o Stella By Starlight, brani da spettacoli di Broadway. Da parecchi anni a questa parte, invece, si continua a pescare nel repertorio di cinquant'anni fa e non capisco perché. Anche a me piace suonare My Funny Valentine, ma non si può andare avanti per sempre così. Anche il pop ha fatto la sua strada e contiene cose bellissime da suonare. Oggi".
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Alla luce di questa riflessione, un brano di Michael che secondo lei meriterebbe di diventare uno standard."Ben più di uno, a partire da Little Susie, o ancora I Just Can't Stop Loving You, una ballad meravigliosa. Come Speechless. E' da notare che le canzoni di Michael sono molto suonabili, danno uno spazio. E lo dico perché ho fatto delle cose su Lucio Battisti insieme a Stefano Bollani. Canzoni molto belle, però trovarne una davvero suonabile è stato un lavoro improbo. Abbiamo fatto cose come E penso a te, che aveva una struttura simile a quella delle canzoni italiane degli anni Cinquanta. Canzoni che essendo scritte da compositori come Gorni Kramer, bravi e appassionati di jazz, avevano strutture molto simili a quelle degli standard. Penso a Le tue mani. Lo stesso Gino Paoli, a cui piace molto il jazz, ha delle canzoni davvero suonabili come Senza fine, ci si può improvvisare sopra in modo logico".
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Come con Michael Jackson."Michael si fa suonare quasi tutto, anche perché la sua musica affonda le radici laddove le affonda anche il jazz. Tutta la musica nata tra fine Ottocento e inizio del Novecento nel Sud degli Stati Uniti come risultato di questa memoria dell'Africa. Solo memoria, perché non c'era la ritmica africana mantenuta nelle terre colonizzate dagli spagnoli e i portoghesi, come Cuba e il Brasile. Gli inglesi avevano cancellato tutto. Però era rimasta la memoria di un ritmo che poi è diventato quello del jazz, che non è Africa ma non è neanche Europa, dove il ritmo era più duro. Memoria d'Africa che si mescola con la musica sacra inglese, con la musica da salotto francese, con l'opera italiana. Tutto questo a New Orleans e dintorni. Da lì sono uscite musiche che in fondo sono tutte imparentate. Non c'è questo divario enorme tra il jazz e il funk e la soul music, per dire".
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Rispetto per le melodie, gran lavoro sugli arrangiamenti, curati da Mauro Ottolini. Quale "vestito" l'ha più sorpresa e conquistata?"La nemesi è stata che io ho scelto i brani, soprattutto dai dischi più recenti, come Invincible, più quei tre o quattro super successi. A Mauro ho detto più o meno come mi sarebbe piaciuto che fossero: vicini all'originale, come ritmica e come sound. Infatti alcune cose sono tirate giù dagli arrangiamenti originali e adattate a un organico completamente diverso. Per Thriller siamo rimasti molto vicino alla versione di Lester Bowie di una ventina di anni fa. Il pezzo dove Mauro mi ha veramente sorpreso è They Don't Care About Us: alla prima prova mi ha fatto trovare un arrangiamento molto diverso dall'originale, che è una canzone per i bambini. Un'introduzione improvvisata ma con un'idea stravinskijana, segue il tema suonato con le sordine (il "tappo" che modifica il suono della tromba, ndi), poi un reggae su cui faccio un solo che mi diverte moltissimo. Infine, la sorpresa, la tirata finale di rock duro. Mi sono vivamente complimentato con Mauro, lavoro eccezionale. Mi piace molto anche History, con quel suono da banda dell'esercito della salvezza, il gran finale dell'album. Quanto all'idea del jazz in stile dixieland, in chiusura di Smile: fino a lì il brano è pressocché identico all'originale, con la mia tromba al posto del canto di Michael. Nel finale dell'originale c'è lui che si allontana fischiettando il tema di Smile. Non aveva molto senso che uno di noi si mettesse a fischiare. L'idea geniale di Mauro è stata di fare questa piccola coda dixieland, sorprendente".
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Più volte lei ha rimarcato il contributo bianco all'evoluzione del jazz, contro chi considera solo il lato black della storia. Michael Jackson, in realtà, è una sorta di sincretismo tra musica bianca e nera."Vero, e in Black Or White lui dice apertamente: non voglio rimanere tutta la vita legato a un colore. E' chiarissima la sua posizione.
Quanto alla polemica, io riconosco che tutti i caposcuola siano neri, a partire da Louis Armstrong, King Oliver, Buddy Bolden, Dizzy Gillespie, Miles Davis, Coltrane e via discorrendo. Ma si tende a sottovalutare l'apporto dei bianchi. Negli anni Venti, Bix Beiderbecke era l'altra faccia di Armstrong, Louis il solare, Bix il lunare. Un clarinettista degli anni Venti, Frank Teshmacher, era un genio, ha rivoluzionato lo strumento. Eddie Lang, il primo chitarrista di jazz a inventare un fraseggio, negli anni Venti, si chiamava in realtà Salvatore Massaro ed era italiano. Il primo grande nel fraseggio del sassofono è Frankie Trumbauer. E lo disse il nero Lester Young, aggiungendo che la sua prima e unica fonte d'ispirazione è stato Bud Freeman".
FONTE:
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